Al momento della scrittura di questo post, questo blog esiste da un po’. Da più di qualche settimana. Diciamo anche un paio di mesi. È semplicemente stato vuoto per pigrizia, nonostante qualcuno continuasse ad insistere perché io lo aprissi. Ma il demone del “lo faccio dopo” si era impossessato di me e ho dovuto esorcizzarlo quando ho deciso che rispondere ai messaggi di amici e conoscenti, tramite tutti i social disponibili, su quale serie tv seguire o quale film guardare era diventato la quotidianità. Così ho deciso che era arrivato il momento di riempire questo spazio, in modo tale da avere tutto a portata di link per chiunque avesse voglia di leggerlo (dico a voi che mi stalkerate perché vi scriva in chat di WhatsApp un elenco delle serie tv che vale la pena vedere divise per genere). In sostanza: io ve lo scrivo, poi giudicate voi. In fondo si tratta solo di un piccolo angolo dove raccogliere pensieri random e opinioni non richieste su ciò che riguarda quel mondo là. È giusto un input per cercare di uscire dallo stallo telefilmico che incombe quando non si sa da che parte iniziare o non appena si finisce una serie: perché una volta che entri in quel tunnel è pressoché difficile uscirne. Ecco, magari questo blog non avrà un’importanza cruciale per lo spettatore ma può servire a dare una spinta di qualche natura. È un MacGuffin, appunto.
Un MacGuffin in sè non è alcun oggetto particolare (“guff” vuol dire non senso, stupidaggine) ma il MacGuffin è utile ad innescare delle trame particolari. Il MacGuffin non è altro che un espediente narrativo usato in alcuni film per dare dinamicità alla trama, catturando l’attenzione dello spettatore e catalizzandola verso lo svolgimento degli eventi. Un esempio che tutti possono facilmente comprendere è la valigetta di Marcellus Wallace in Pulp Fiction di Tarantino: tutti gli spettatori sanno che quella che valigetta è importante ma nessuno sa effettivamente in cosa consiste. Eppure è grazie a quel contenuto che l’azione va avanti. È quella valigetta ad attirare l’attenzione dello spettatore ogni qual volta appare e viene aperta. E quella valigetta altro non è che un MacGuffin. Un espediente narrativo che rende attivo lo spettatore e lo porta a porsi delle domande precise.
Tuttavia lo stesso MacGuffin può servire soltanto da innesco alla trama: in Psycho di Hitchcock la busta piena di soldi che viene rubata da Marion, all’inizio del film, è inquadrata continuamente, come se fosse il centro della storia. Eppure gli eventi prendono un corso differente e la busta sparisce dalla narrazione. Solo alla fine lo spettatore capisce che si tratta di un espediente narrativo.
Questi due esempi mi sono serviti per spiegare brevemente il titolo e la natura del blog che può essere sia la valigetta di Pulp Fiction, il centro dell’azione, il punto di riferimento nell’universo del cinema e delle serie tv; oppure, in maniera un po’ meno audace, la busta piena di soldi (in maniera figurata) di Psycho, un contenitore di spunti e recensioni e magari consigli che una volta fatto il loro dovere fanno sì che gli eventi prendano una piega differente. In entrambi i casi di parla sempre di quella cosa che ormai fa parte della nostra dieta quotidiana e che ha basso contenuto calorico: l’intrattenimento. Che non è una birra o una caramella, è qualcosa di più gustoso.
PS: il titolo di questo post non vuole essere una velleità linguistica. È solo che quando ho finito di scrivere il post la mia playlist di Spotify ha passato “All my friends” di LCD Soundsystem. That’s how it starts.