The End of the Tour, David Foster Wallace rivive nel film di James Ponsoldt

I would like to shape the
impression of me that’s coming across

Vorrei decidere io la percezione che gli altri hanno di me

“David Foster Wallace, The End of The Tour”

La prima volta che sentii parlare di David Foster Wallace ero seduto sulle scale della biblioteca della mia università. Stavo riordinando degli appunti di linguistica quando si avvicina un collega di corso e mi dice: «Hai mai letto sentito parlare di questo libro?». In mano aveva una copia de “La scopa del sistema” di David Foster Wallace. Risposi che non conoscevo l’autore e chiesi di cosa parlasse. Lui mi rispose così: «Ti dico solo che uno dei personaggi è una vecchietta che studia Wittgenstein (filosofo e logico austriaco, ndr)». Mi documentai e scoprii che lo stesso autore aveva scritto, insieme ad una serie di racconti, solo un altro romanzo (in quel periodo non era ancora ancora uscito Il re pallido, opera incompiuta) di oltre 1000 pagine diventato da subito un caso editoriale. Lessi La scopa del sistema e subito dopo comprai quel monolite di 1270 pagine (note comprese) che va sotto il nome di Infinite Jest.  Lo lessi dopo un paio di anni ma ne fui da subito ossessionato. Lo portavo sempre dietro. Lo leggevo non appena ne avevo la possibilità. Lo finii in poco più di un mese.

Il primo febbraio del 2016 Infinite Jest ha compiuto 20 anni. Di questo libro si continua a parlare in maniera sempre inedita. Del suo autore ci rimane il ritratto che prende forma dalle sue opere e da qualche intervista sulla rete. E da un film che porta sul grande schermo una serie di conversazioni raccolte in un altro libro uscito nel 2010 “Come diventare se stessi” di David Lipsky. Il giornalista di Rolling Stone aveva intervistato Wallace nella parte finale del tour di promozione di Infinite Jest nel 1996. Cinque giorni a parlare di letteratura, televisione, intrattenimento che oggi sono state trasposte nel film di James Ponsoldt, The End of The Tour. Continua a leggere